AGOSTO2014

Agosto  2014

Non esiste possibilità di scalfire una corazza, solo il desiderio di passarci attraverso.

Da un web a me vicino

Salvaguarda sempre un desiderio, vivilo come emozione.

 

Sereno notturno

 

Molte volte non riusciamo a stringere le emozioni

Sereno notturno

Pensieri di fine estate, quelli ad ombrellone chiuso. Tutti rientrano qualcuno va ora, altri desiderano lasciarsi alle spalle i soldi spesi, molti farebbero qualsiasi cosa per il meritato relax. Penso a quelli che spendono capitali, quando per loro sono spiccioli, quelli che spendono spiccioli e per loro sono un mese lavoro duro.
Chi si accontenta di un panino a pranzo e rimane a tavola due ore, per finire al sole la cottura di quel pranzo troppo pesante.
I ragazzini che come ricordo bene appena arrivati dalla spiaggia si lavano, per poi andare dalle amiche a parlare e a baciarsi sul lungomare.Ai bulletti che voglionoo far vedere le loro conquiste, ma si devono accontentare di un pensiero anche troppo lontano.
Ho passato tante estati in modo diverso, ognuna mi ha lasciato qualcosa, ogni volta era una scoperta, come lo era rimanere a casa. E' sempre importante il desiderio col quale lo passi e quando torni ricorda che gli altri sono sempre quelli.
Un mio ricordo... la brezza serale sul corpo acceso dal sole.

Sereno Notturno

Jack Vettriano


Essere natura selvaggia in mezzo al paesaggio, pelle colorata che contrasta la trasparenza. Saper colorare un'anima con il lento passo lasciando cadere ai piedi un timido velo.
Rimane l'attenzione di un gesto in emozioni fantasiose.

Sereno Notturno

I colori si spogliano lasciando spazio al desiderio.
Splendida notte

Sereno Notturno

Fossero pensieri, non è detto siano negativi.
A volte la sicurezza può esserlo.
La troppa tranquillità sta tra un pensiero e una sicurezza.

Sereno Notturno

Mi manca la tua voce

Tutto passa con gran velocità. Alla fine rimane solo un vuoto pesante, una vita intensa, affievolita e fatta di sguardi, parole, gesti, risate e malinconie. Castello crollato in un solo giorno; energica e vitale, da non voler far pesare niente a nessuno seppure appesantita dalla malattia. Ligia al compito che ti eri imposta di seguire lui, quel bambino di dieci anni a cui avresti donato te stessa. Questo l'hai fatto fino all'ultimo, lui ti ricambiava sempre con un sorriso o con un ti voglio bene, a te bastava. Meritavi tanto di più.
Questi anni ti ho vissuta come mai avevo fatto, nemmeno immaginavi io potessi tanto, sono stato li tenendoti vicina fino a quando ho potuto. Ti vergognavi le volte che ti cambiavo e pulivo, nei momenti di lucidità dicevi che una madre non deve essere pulita dal figlio che ha sempre tenuto pulito. Mi sono ritrovato infermiere in mezzo a quelle scatole con nomi strani, erano tre quattro pillole ogni pasto. Le ingoiavi a fatica, sapevi che a nulla servivano, te le davo io e questo ti bastava.
Quel tipo di malattia provoca una forte depressione giorno dopo giorno, proprio, perché non riesci a tenere in corpo nessun liquido o solido, quindi anche quel minimo che bevevi, non arrivava al cervello, carenza ovviamente di ferro e quindi anemia continua. Loro sapevano, quando entravi li dentro e cercavano di darti dosi massicce di sangue, ti sentivi in gabbia e ti strappavi ogni tubo o siringa ti mettessero tra la poca carne rimasta. Guardavi quasi a chiedere... come potevi tenere un ago tra le ossa, erano obbligati a legarti i polsi per il tuo bene e con il nostro assenso dato con difficoltà.
Capivi di essere come una bottiglia di plastica quando viene strizzata... vuota dentro.
Il colore della pelle era in netto contrasto con i lividi che dovunque ti procuravano le siringhe, per il resto ci pensavi tu a sbattere contro le sponde del letto, provando a scavalcare per fuggire. Dove volevi andare era un segreto tra noi due, ora lo posso dire, volevi scappare dai carabinieri che erano nell'armadietto all'ingresso, per farti contenta fingevo di chiuderlo e ti facevo scendere dal letto per darti coraggio. Mi mancano i tuoi occhi chiari e le tue frasi. Ricordo le parole davanti alla tavola appena finito di apparecchiare, già eri li e mi chiedevi cosa avevo preparato, “Sembra essere al ristorante” dicevi, io mi sentivo il tuo cuoco.
Mi mancano le volte che chiamavi la notte per sentire se ero in casa, ricordo mi dicevi di uscire per svagarmi dal trambusto che stavo vivendo, ricordo tutto... Non dimentico neppure quando mi hanno chiamato per avvisarmi, non lo dimenticherò mai.

Franco

Foto di proprietà della famiglia

L'appuntamento mancato

Mi trovavo distante mezz'ora da casa. Troppo il desiderio di dare uno sguardo al posto. Ero entusiasta della zona. Sembrava tranquillo, molto verde, fiori colorati, quei quartieri come tanti dove i bambini giocano tranquilli, ordinati e disciplinati.
Case basse, tinte pastello come i palazzi di Firenze. Il tepore primaverile rendeva tutto più reale, colori profumi e sguardi. Quello era il mio angolo. Una telefonata due giorni prima mi annunciava che forse avevano trovato quello che faceva al caso mio.
In anticipo, come sempre del resto voglio essere il primo, entro in un bar, mi colpisce l'insegna a triangolo con le palline luminose che si rincorrono. Dietro di me entra una signora sui settant'anni, il volto simile a una carta geografica, piena di fiumi e valli a delimitarne il contorno. Un po' ricurva e di bassa statura, ma con gli occhi chiari e lo sguardo simpatico. La invito a passare e lei tenta di allungare il passo. Il barista si rivolge a lei gentilmente. Siede al tavolinetto, ordina un bicchiere di latte corretto con brandy, la guardo e sorrido. “Un caffè grazie” ordino io. Lei continua a fissarmi come incuriosita da qualcosa. A bassa voce quasi per non voler disturbare mi rivolge la parola “Sono innamorata di questo posto, capito di rado oramai e solo per affari”. Racconta di suo marito, professore di lettere, tarchiato, voce grossa e carattere generoso . Metteva sicurezza il suo lessico, anche quando parlava con amici... intenerivano i suoi vocaboli. Guardo i suoi occhi chiari, profondi e lucenti, sono quelli di una persona colta. Una donna che ha ascoltato tanto nella sua vita e parlato a momento opportuno. Non avrei dato una lira per il suo abbigliamento, mi sarei indebitato per il modo col quale ascoltava.
“Bene... lei cosa fa da queste parti, diceva essere di passaggio o sbaglio?”, domanda l'anziana. Poi un lungo silenzio. Non riesco a nascondere uno sguardo ebete, abbozzo però una piccolissima frase: “Ho un appuntamento”. I suoi occhi si spalancano di gioia. “Spero con una donna”; poi abbassa lo sguardo.
Il locale è semivuoto, il barista non ha nulla da fare e ci guarda.
L'anziana donna dice di attendere l'agente immobiliare e un acquirente, ha appuntamento alle quattro, manca ancora mezz'ora. Inizio a sudare, ho le mani che tremano e lei percepisce il disagio.
“Signore tutto bene?”. Sono impietrito, sicuramente non ho capito, ma faccio un cenno di sì col capo. Prendo forza, cerco d'abbozzare un discorso e le dico che anch'io aspetto il titolare dell'immobiliare. “Che coincidenza” dice la donna e continua il discorso. “Ho una villetta da vendere, ormai ho troppi anni per tenerla in buono stato e sinceramente mi basta la casa che ho. Se ne occupava mia nipote, ma poi si è trasferita in Trentino, così la vendo, anche se i soldi non sono un problema... mi dica allora che è lei l'acquirente”. Quasi rasserenato le dico che probabilmente sono proprio io.
Mi descrive ogni angolo: la cucina ampia e spaziosa, che vorrebbe lasciare intatta perché costruita su misura, la scala in granito Rosa Sardo Beta. Un bagno al primo piano, le camere grandi e luminose, “Hanno l'atmosfera di quelle della Provenza”, aggiunge.
Il bagno più grande con specchio incassato e pietre colorate. Ha il volto rilassato di chi sa che sta proponendo un vero affare. Non vedo l'ora di varcare la soglia, quando mi fa una domanda... “Lei è sposato?”.
”Lo ero”, un velo di tristezza e bianco in volto... vengo però rassicurato dallo sguardo della donna: “Non si preoccupi”.
Il tempo sta passando, mai così in fretta come oggi.
“Ora andiamo”, dice la signora guardando l'orologio, sono quasi le quattro. Pago, il barista sorride e mi dice: “Ha una splendida madre” annuisco, lasciando intendere sia così. La donna si appoggia sul bastone, si avvia ed esce, io dietro lei. La prendo sotto braccio come a proteggerla.
“Avessi avuto un altro figlio avrei lasciato la villetta a lui. Potrebbe però essere mio figlio per un giorno, le va l'idea?”. Non ho il tempo di rispondere, arriva e scende dalla macchina l'uomo dell'agenzia, lei mi dice di lasciarlo parlare.
Ci salutiamo cordialmente, ci presentiamo, veniamo al dunque e lui scopre che manca l'acquirente. Aspettiamo con pazienza parlando di qualsiasi cosa. Lui infastidito chiama il numero che aveva come contatto, inutile non risponde. Il caso ha voluto che il mio telefono fosse scarico e si sia spento. L'anziana bisbiglia all'orecchio del signore che fortunatamente era venuta con suo figlio, almeno sarebbe tornata a casa in tutta tranquillità con lui.
Aspettiamo ancora, sono sempre più incredulo.
Salta l'appuntamento, a malincuore l'agente saluta e sale in macchina.
Rimaniamo io e la signora. Con un gesto della mano mi indica la strada che porta alla villetta, ..“Andiamo a vederla”.
Sembra ancora più felice, come per dire: non è mai tardi per fare una buona azione.
Sono basito ma felice.
Mi manca capire, se sia quello il vero affare della mia vita... l'anziana è sicura lo sia.

Scritto da Sereno Notturno 24/08/2014

Sei ciò che prende forma.
silenzio, sorriso pianto ed emozione.
Trasformista dell'anima.

Sereno Notturno

Ogni pensiero viene messo seriamente a giudizio.
anche solo per la morbosità di farlo.
Solitamente da chi sembra sia lontano
alle volte da chi non c'entra nulla.

Sereno Notturno


Salvador Dali, Dali’s Hand Drawing Back the Golden Fleece in the Form of a Cloud to Show Gala, Completely Nude, the Dawn, Very, Very Far Away Behind the Sun, 1977

Come fai a sapere, se tutto questo rumore non sia in realtà solo un eco di parole

che ascolti per timore di non poterle più udire.


Sereno Notturno

Gesto volto all'istigazione riflesso di una mente pronta all'impatto con la pura emozione.

Sereno notturno

Irrequieto così.

Forte nelle scelte
irrequieto sempre.
Felice di cogliere
ma irrequieto

Ogni riflessione infantile
mi lascia irrequieto.
Quest'anima vive
solo ed esclusivamente
grazie alla propria
irrrequietezza.
Quando finirà tutto questo
sarà pazzia.




 

Tu sei pazzo

Quel pomeriggio d'estate l'avrei passato tranquillamente a casa da solo, sul tavolino il mio scotch whisky preferito.
Gradivo per un giorno isolare la mente dal vociare fastidioso, non volevo saperne di rimanere imbottigliato
nel traffico del centro cittadino, tra urla di anziani che non riescono a crearsi un varco tra i serpenti di metallo e le moto che passano alla destra come si fossero scordati che l'Inghilterra è chilometri distante.
L'idea è quella di un sottofondo con musica da relax di Mind Maze e la mitica bottiglia di bourbon, perfetto ingrediente e scelta saggia la mia.
Chiudo gli scuri per non lasciare entrare nemmeno un grado di quei trenta tre che ci sono all'esterno, cuffie a portata d'orecchio, sdraiato come nei film di Fantozzi e cellulare ben in vista.
Immagino il caldo estivo all'esterno e le persone nei bus, tra folate d'ascella e spintoni per un posto a sedere. Io l'ho a portata di mano e sembro il principe dell'ozio del dolce far nulla, un fankazzista si dice ora nello slang dei giovani. A proposito, io non sono poi così anziano, nemmeno un neo patentato però. Mi lascio andare alla musica, quella chillout in particolare mi fa viaggiare in una serenità straordinaria.
Quando sono rilassato e col climatizzatore acceso, passano le ore, arrivo persino ad addormentarmi, poi l'impellente bisogno di andare al bagno... merito del whisky. Cammino a tentoni e mi viene in mente una frase del grande Bukowski: “Se non hai la birra puoi sempre trovare del vino o del whisky o delle sigarette, ma se non hai amore non hai un cazzo”. Sorrido cerco di centrare il water e non la ciambella, cambio idea... mi siedo. Ho un'andatura lenta, come per non consumare quel poco ossigeno che ho nella stanza, mi siedo e guardo il cellulare, tre chiamate perse, tutte dallo stesso numero, quello di Gherard il mio amico. Lo chiamo e si sbellica dal ridere nel sentire la mia voce, mi lascia parlare perché teme che poi non riesca a finire la frase, poi aggiunge: “Organizzo per stasera una cena a base di carne, siamo in sei con te, quindi svegliati ed esci dal guscio”. Posso rispondere negativamente, la risposta però è si, sono a casa da solo e mi fa solamente bene stare in compagnia. “ Scusa siamo in sei va bene, tutti uomini o posso sperare nella buona sorte!”. “Io e te con quattro donne, due le conosci Francesca e Ilaria, le altre due sono loro amiche, persone simpatiche mi hanno detto. Lavorano in un posto particolare, un centro di cura mentale, quindi sanno da svagà”, con puro accento romano. Ecco... penso dentro me, farmi trovare in quelle condizione è spettacolare. “Scusa, so che siamo a casa tua, potresti però passare a prendermi, te lo chiedo come favore”. Gherard è letteralmente piegato in due dalle risate, ma accetta perché mi conosce, sa che finirei l'album delle figurine coi punti dei carabinieri.
Felice, euforico, stordito, ma persisto col mio whisky.
Il mio amico deve passarmi a prendere alle otto, due ragazze arrivano a casa sua prima, per preparare la cena e le amiche intorno alle nove. Whisky e caldo sono deleteri, poi se esci per le scale, il caldo è maggiore e lo stordimento è completo, appunto. Gherard mi fa uno squillo, come segnale che lui è sotto, mi vesto a tempo di record, pantaloni chiari camicia blu borsello in eco pelle, dentro tutto il possibile e le chiavi di casa, attaccate alla mano.
Ovviamente ascensore, subito mi crea un vuoto come se l'anima mi restasse al terzo piano e lo stomaco scendesse al primo, si apre e vado a sinistra, a destra c'è il muro, non mi posso quindi sbagliare. Esco e Gherard secondo me, ride ancora da quando era al telefono, si mette una mano alla fronte e mi dice: “Sei sicuro di voler venire vero?”, una grossa pernacchia e faccio segno con la mano di guidare.
Arrivati a casa sua ho quasi un mancamento, sarà il chiuso o la reazione, mi siedo, quel tanto che basta per riprendermi. Passa una buona mezz'ora e con frase allegorica come per altro lo era stato tutto il pomeriggio, dico “Sto meglio” . Nessuno ci crede, neppure Francesca e Ilaria, poi la prova del nove alle nove di sera, suonano le due ragazze, rispondo... io “shhhii, venite pure siamo qui”, inizio poco felice. Arrivano al piano, entrano e facciamo conoscenza, si chiamano tutte e due con lo stesso cazzo di nome, Gloria, “piacere Franco” dico io.
Partiamo con l'aperitivo... non cambia molto visto il mio stato
Sembrano simpatiche, una guarda in modo strano, tra curiosità e desiderio di capire, forse mi vorrebbe come suo paziente, ma io sono sbronzo, non mentalmente instabile, anzi gioco su questo, ho deciso per la follia.
Lei è alta un metro e settanta, viso pieno, mora capelli lunghi e una bella parlantina, ho tralasciato il culo, perché non voglio essere pure un maniaco, cosa che lei pensa subito... ha notato dove ho buttato l'occhio. “Cosa posso fare se il mio sguardo è finito li”, dico ad alta voce, facendo la parte del perfetto beota, divertita perché ad un apprezzamento ci si tiene sempre, a suo agio vista l'abitudine ad assecondare per lavoro.
Mi diverte e posso dire che gli altri passano in secondo piano, non sta bene lo so pure io, quindi accenno a un colloquio pure con loro. Lei guarda. Sarò un caso clinico penso.
Per rompere l'imbarazzo chiedo un brindisi, alle cuoche, al mio amico, alle amiche e all'ottimo vino che si beve d'un fiato, poi me ne esco con una frase ancora del mitico Charles: “È quando si nascondono le cose che poi si muore soffocati”. Nessuno mi capisce, solo Gloria e Gloria abituate alle menti folli. Io guardo Gloria di un metro e settanta e le sussurro, “Capito?”.
La cena è ottima, anche se io non mangio più di tanto, ma apprezzo. Mi alzo per andare al bagno chiedendo scusa, torno a mettermi a sedere nel water per essere più saldo e avere un briciolo di mira. Esco sul grandissimo terrazzo dell'attico un momento per respirare, si sta bene, sono di spalle quando sento i seni che si appoggiano alla schiena e un braccio spunta all'altezza del viso, la sua voce che dice: “Ho portato del prosecco per brindare alla nostra follia, sai... la riconosco”, un sorriso, mi gira e sento la sua lingua saldata alla mia, la mano libera dal bicchiere slacciare la patta dei pantaloni e lei che continua a parlare “Questa è una dolce pazzia e come tale va curata”.
Potrei continuare il racconto ma come direbbe Freud: “Scherzando, si può dire di tutto, anche la verità.

 




 

Carne insaziabile

rovente presenza

distillato di pura emozione

che rimane appiccicata

in qualsiasi pensiero

di ogni istante.

 

Puro liscio contorno

di seta calda

avvolgente in ogni profumo

di libidine carica

di sano piacere

che scuote le membra.

 

Così

 

Sereno notturno

Trovarti in una notte profonda
mentre giri senza meta
vestita del solo desiderio.
Corri mostrando un seno turgido
gambe snelle e culo da felina
artigli da leonessa del piacere
Ti fermi sorniona
braccia alzate in segno di resa
gambe aperte in odor d'orgasmo.

Scritto da Sereno Notturno

Il segreto

 

Aveva capito più che mai la differenza e sofferto la mancanza, ora ne sentiva la viva esigenza.

Desiderava contrapporre quel muscolo salivare che lambiva le labbra del suo intimo, al duro possente muscolo di carne.

Incalzante gioco di nervi che prendeva entrambi, voleva godere nel sentirsi bagnata del suo stesso piacere da quella lingua picchiettante sul sesso, essere violentemente presa e sbattuta dalla carne maschia che le spariva dentro.

Alternanza d'emozione.

Sapeva bene l'astuta pulzella che sarebbe bastato un cenno, per scatenare quello che in verità aveva già avuto premonizione.

Lui l'aveva spiata mentre da perfetta porca, studiava ogni movenza guardandosi allo specchio, sapeva che l'uomo era li, questo faceva parte del ruolo che voleva vivere quel giorno.

Passava le mani sulla pelle nuda, fermandosi sui punti di maggior piacere, primi erano i capezzoli turgidi in quel corpo da donna: giocava, si fermava, guardava, fantasticava. Organo di suzione che non ragiona quando viene sollecitato anche solo col pensiero e pare quasi si irrigidisca come ad andare a cercare l'orgasmo.

 

Continuava i gesti sinuosi sui fianchi e su quel culo sodo talmente duro, che le due metà si aprivano sotto l'impeto delle mani e ne lasciavano intravedere il piacere celato. Si piegava in avanti con gesto controllato per guardarsi aprire, mentre provocatoriamente faceva scivolare il dito medio in bocca e lo impregnava di saliva.

Lui era li, sentiva il desiderio che cresceva nella braga di lino, tanta era l'eccitazione che ne sparivano le pieghe del tessuto. Imperterrita provocatrice aveva già introdotto il dito e ne godeva i sussulti. Involontariamente non riusciva più a fermarsi e da lontano si vedevano le labbra aprirsi lasciando correre una leggera bava di piacere, subito raccolto dalla donna con l'altra mano e portato alla bocca.

L'uomo sapeva che se fosse entrato ora dalla porta socchiusa, avrebbe rotto l'incantesimo, avrebbe però volentieri affondato senza tentennamenti la verga in quel paradiso. Nonostante tutto questo aspettò.

Poco dopo una voce sottile lo chiamò e lui correndo trafelato, facendo l'ignaro guardò la donna in preda a toccarsi e le disse quasi per voler essere scoperto: “ Vorrei guardarti ancora”.

Con una mano lei lo prese vicino e introducendo la verga nel buco più stretto, con fare da perfetta padrona lo invitò a guardare e a dare colpi di reni, sentendo vicino un altro orgasmo. Lui dopo aver sentito lei si lasciò andare venendo così copiosamente da inzupparle la fica e le gambe tremanti.

Si fermarono un istante tutti e due. Chinandosi verso l'oggetto del piacere lo continuava a muovere come non volesse lui si ritirasse e nello stesso tempo lo puliva ricambiando il favore della lingua. Oscenamente a gambe divaricate quasi ad invitare il pensiero a far breccia nel suo desiderio.

 

Sereno notturno

 

 

 

 

Volo a lato di un'esistenza, cercando d'atterrare sopra pensieri morbidi.

Sereno notturno

Poco elastici mentalmente
da scambiare un piacere condiviso
per un'imposizione.


Scritto da Sereno Notturno

Mia nonna diceva sempre
"Farai sempre in tempo ad essere peggiore".


Sereno Notturno

Pelle bagnata,
la lingua scava
pensieri umidi.
A tratti la saliva
si mescola
al godimento.
L'uomo
rimane dentro
di lei
Mentre
serrando
le cosce
ode l'orgasmo.


Scritto da Sereno Notturno

 

Quella sera il pub è strapieno, appuntamento con amici per bere qualcosa... di troppo.
Ci siamo fatti scarrozzare da un bus, sapevamo a cosa andavamo incontro.
Stupidi che siamo a pensar di rimanere sobri, scorre la notte insieme alla birra, arrivo nel letto e manco ricordo il mio nome, mi giro nelle lenzuola e sembra giorno. Mi infastidisce il sole attraverso le persiane, la birra doppio malto cinese era disgustosa al sapore.
Striscio come una lucertola appoggiando i gomiti stile marines, arrivo nel bagno occhi semichiusi prendo un minimo di mira decente, intravedo i fantasmi sotto forma di Sgarbi che mi dice: “Occhio a come la fai”... continuo a pisciare pensando di bagnarlo a dovere ma lui non c'è più.
Ecco i fumi dell'alcool mi fanno avere visioni strane, una donna si riflette nel mio specchio quadrato, questo pure è troppo, non riuscirei sicuramente a scoparla, glielo dico con stile. “Scusami penso proprio che per come sono messo, non riuscirei nemmeno a capire dove l'ho messo".
Penso ad alta voce che questo non può essere reale e la prima cosa che trovo è un bicchiere, dove mi sono lavato i denti un anno fa, lo riempio e lo tiro in direzione dello specchio e lei sparisce.
Non devo più bere se questi sono i postumi. Ritorno a letto, in cuor mio spero di trovarla nuda, le mie certezze rimangono in una mano, mentre mi addormento.

Scritto da Sereno notturno


Chi fatica a trova un equilibrio, un compromesso con se stesso, un desiderio di capirsi difficilmente riuscirà a salvare la propria anima.


Scritto da Sereno Notturno

Cosa debbo dire
che io ancora non sappia.
Mi alzo in piedi sulla sedia
ad alta voce grido
anime vigliacche.
Poi prendo in mano

il mio bicchiere.
timidamente consapevole
di aver urlato al cielo
parole che ad altri
fottono.


Scritto da Sereno Notturno

Ruggine.
Materia ruvida che al tatto sporca le mani
se ti tagli o pungi rischi l'infezione
Continua ad essere ruggine, quella che procura atrito.
Nella materia, così come nella mente.
abbiamo bisogno d'allenamento

per evitare che ingranaggi
scorrano stentatamente nel nostro cervello
provocando surriscaldamento
nei pensieri.


Scritto da Sereno Notturno

Cinque minuti di notorietà
Non fanno di una persona
Il guru della vita
Servono solo a farglielo credere
Da chi glieli ha dati.

A margine di un pensiero

Scritto da Sereno notturno

 

Five minutes of fame
Do not make a person
The guru of life
They only serve to make him believe
From whom has given them to him.

On the sidelines of a thought

Posted by Sereno notturno

 

 

Vivi e racconti il pensiero. Lo generi come eredità per quel silenzio senza fiato.
Se mai s'imposessasse del momento lo diffondi come eco di speranza.


Scritto da Sereno Notturno

foto di hank conner

Non puoi essere tutto e niente, nemmeno farfalla e fiore, puoi essere istinto e passione, con la leggerezza di una farfalla e il profumo nitido di un fiore.
Non potrai mai piacere a tutti, questa è una sana consapevolezza dettata da un duro carattere che prende l'anima.

Scritto da Sereno Notturno

 

Scrittura 4 mani – Storia di un drogato

di Cristina Carrabino e Sereno notturno

 

Cuori impolverati

 

"Lui è Marco, 34 anni e un lavoro da avvocato in uno studio da lui avviato subito dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza. Non gli manca nulla; ha alle spalle una famiglia benestante che lo ha aiutato a realizzarsi nel lavoro e nessun problema economico che possa minare la sua serenità. Ha una bella casa dotata di tutti in comfort e una moglie bellissima, Elisabetta, rinomato architetto in carriera, 38 anni, che ha sposato per amore quattro anni fa su una spiaggia dorata, e l’unico testimone che ha assistito al coronamento del loro sogno d’amore è stato il mare. Eppure i suoi occhi sono spenti e sembrano trasmettere un’infelicità di fondo che nemmeno l’amore per sua moglie riesce a curare. Apparentemente sono una coppia affiatata; socievoli, amano la compagnia, amano ridere quando sono con amici, prediligono mostrarsi complici di fronte agli altri, ma quando i riflettori si spengono, tra di loro è il silenzio a predominare. Non riescono a parlare, neppure a guardarsi negli occhi per cercare aiuto l’uno dall’altro. L’amore si è come assopito, forse messo alla prova da un quotidiano frenetico che giorno dopo giorno li allontana sempre di più dall’impegno che si sono presi l’uno verso l’altro quel giorno in cui, davanti al mare, si sono promessi di amarsi fin che morte non li avesse separati. La loro vita è scandita da impegni, orari, appuntamenti, responsabilità e l’unico momento in cui riescono a condividere un minimo di dialogo è alla sera, davanti alla tavola apparecchiata, tra una notizia del telegiornale e una pubblicità del winner taco. Ma tutto questo non basta a Marco per poter dire di essere felice. Ha tutto ma non ha nulla, forse ha troppo. Ecco perché Marco ogni tanto, la sera, sente il bisogno di evadere da una realtà che comincia ad odiare perché è una realtà che gli ha regalato tutto tranne ciò di cui aveva bisogno. E lui ha soltanto bisogno di sentirsi più padrone della sua vita, senza troppo subordinarla a quei doveri che ogni tanto lo portano davanti allo specchio a chiedersi: Ma cosa sto facendo?, dove sto andando? Ma è veramente quello che voglio dalla mia vita? E la vita che ho sempre desiderato vivere? E mentre pronuncia queste parole sente una lacrima scivolargli sul viso. Senza nemmeno rendersene conto prende una chiave dalla tasca, esce dal bagno e si dirige in camera da letto. Si chiude silenziosamente la porta alle spalle, senza farsi sentire da Elisabetta che, ignara di quel che sta per succedere, è in sala a guardare l’ennesimo programma riguardante la morte di Yara Gambirasio. Marco è come in trance ed incurante che quella porta potrebbe aprirsi all’improvviso, con la chiave che ha in mano apre il cassetto del suo comodino. Cosa fare ora? Richiuderlo o abbandonarsi per un attimo soltanto all’oblio?.... La disperazione di una vita vissuta all’insegna di quel malessere sul cuore che non lo abbandona mai lo porta a prendere dal cassetto un sacchettino piccolo. Lo prende e lo posa sul comodino. Lo apre e lo guarda interdetto. Sembra zucchero a velo anche se il sapore è diverso e soprattutto non addolcisce il palato. Esattamente come quel robot il cui cervello è pilotato da quattro batterie duracell, apre il sacchetto, prende un pugno di quella polvere bianca e molto lentamente la distribuisce sul comodino componendo quella riga orizzontale che forse rappresenta il limite tra lui e l’oblio. In quel preciso istante in cui le sue narici si avvicinano alla polvere “magica” Marco si sente vigliacco nei confronti della vita ed incazzato con se stesso, per un attimo, torna sui suoi passi e sbattendo un pugno sul muro dice a se stesso: “Ma che cazzo sto facendo? Ho una moglie che mi ama e che mi sta aspettando in sala, totalmente ignara di quel che sto facendo, perché si fida di me, perché mi ha affidato la sua vita con una promessa davanti al mare, perché ha scelto me per il resto dei suoi giorni, ed io, invece, la sto tradendo, la sto deludendo, la sto inconsapevolmente ferendo…”Eppure non riesce a fermarsi…..vorrebbe soffiare su quella polvere e far sparire tutto, compreso quel malessere che gli appesantisce il cuore e la vita, non ci riesce e preso da quel raptus improvviso che sa più di ribellione che di rabbia si avvicina al comodino, prende il respiro e come per magia la polvere non c’è più….ora è soltanto visibile alla sua anima inquieta che finalmente trova quell’attimo di pace in grado di distoglierlo dalla tempesta che è dentro di lui. Marco si accascia sul letto, la testa gira e anche le pareti girano. Marco non sa se ridere o piangere..sa soltanto che finalmente è in pace con se stesso e vorrebbe che questo attimo durasse per sempre. Ha la fronte madida di sudore e ora singhiozzi convulsi scuotono il suo petto. Ma deve fare tutto questo in silenzio perché Elisabetta potrebbe sentire e sarebbe per lui l’ennesima sconfitta. Si sente un perdente nei confronti della vita e sentirsi un perdente anche di fronte agli occhi di sua moglie… questo non potrebbe sopportarlo. Quando guarda l’orologio sono già passate due ore da quando si è chiuso in camera. “ Ecco….dice a se stesso, mi sono addormentato” Si alza dal letto, in fretta e furia cerca di cancellare le tracce dell’accaduto, richiude il cassetto a chiave, e la nasconde nel borsello, apre la porta della camera da letto e si dirige verso il bagno per capire in che stato si trova. Passa davanti alla sala ed Elisabetta è ancora davanti alla televisione che sembra non essersi minimamente accorta di quel che è successo in queste due ore. Si sta ancora parlando di Yara e dentro di sé Marco ringrazia Gianluigi Nuzzi e il suo programma Delitti e Segreti per aver distolto Elisabetta da una realtà che l’avrebbe sicuramente sconvolta. Lo specchio del bagno gli dice che l’aspetto è veramente terrificante; profonde occhiaie raccontano la tempesta che lo ha assalito e la camicia è totalmente bagnata di sudore. “E ora? Cosa le racconto? Che ho avuto le vampate tipiche di un uomo in andropausa? Siamo in novembre e niente può giustificare uno stato deplorevole come il mio”. Marco sembra più preoccupato di dover spiegare il suo fisico stropicciato piuttosto che cercare di risolvere con se stesso e con Elisabetta questo disagio che aumenta mano mano che aumentano le responsabilità di un vivere il cui peso lui non è più in grado di reggere sulle sue spalle infragilite dai troppi doveri di una vita che non gli appartiene e che vorrebbe barattare con quell’attimo di felicità in grado di spazzare vie tutte queste nuvole nere che gli impediscono di sentire dentro di sé il calore del sole, perché è di calore che Marco ha bisogno. Uscendo dal bagno lo scontro con “Lei” è inevitabile. Lui abbassa gli occhi, perfettamente consapevole del bisogno di risposte che gli occhi di lei, ora fissi su di lui, vorrebbero. Incurante di tutto ciò e in silenzio Marco torna verso la camera da letto, ma viene bloccato dal braccio di Elisabetta che con dolcezza lo attira verso di sé chiedendogli; “Va tutto bene?, sei particolarmente assente in questi giorni, possiamo parlarne se ti va.” Lui vorrebbe abbracciarla e dirle che questa vita è troppo pesante per lui, che lavora troppo, che si sente inadeguato alle responsabilità che i suoi impegni richiedono, che vorrebbe stendersi sulle ginocchia di lei per farsi accarezzare la testa senza più pensare a nulla….ma niente di tutto questo riesce a dire, e cercando di ricacciare indietro quel moto di rabbia che lentamente sale su dallo stomaco fino a pungergli gli occhi, risponde che non ha niente, e che è soltanto un po’ stanco perché la giornata è stata più lunga del previsto. In Tribunale ha dovuto affrontare delle cause molto lunghe e problematiche e i risultati non sono stati quelli che si aspettava. Il tono con cui tenta di rassicurare Elisabetta è alquanto credibile, ma lo sguardo perso nel vuoto è quello di colui che si sta arrampicando sugli specchi per evitare di dire quella verità scomoda persino a se stesso."

 

Lei ha maestria in questo e non fosse altro anche intelligenza da capire oltre le righe dello sguardo, lo osserva senza infliggere il benché minimo timore, profondamente dentro il suo pensiero in quegli occhi che paiono annebbiati dall'umidità di quel mese di novembre, che da tutti è decretato come il più angusto e macabro, da li si riparte pensa lei, non sa bene cosa stia succedendo ma quelli non sono gli stessi occhi di sempre.

Lo lascia con una timida carezza, la scusa è quella di un bagno rilassante dentro cui immergere la consapevolezza che qualcosa sta cambiando.

Lei è una splendida 38 enne, quelle che girano per la maggior parte del giorno in tailleur, che non si fa mancare le lusinghe da uomini e donne, quella che sa far girare i sensi e che sa strappare con la sua avvenenza dei contratti e delle commesse, anche se in realtà era talmente brava nel suo lavoro che forse non ce ne sarebbe bisogno.

A lei piace essere sensuale col marito e si innamora delle scene dei film, mentre si spoglia cammina in intimo ed autoreggenti con l'ausilio delle sole scarpe col tacco alto, a lui questo ha sempre mosso l'istinto del maschio, ora la guarda ridendo e confuso, come avesse timore che lei chieda del sesso a lui in quello stato. Lui continua a guardare la televisione, mentre la splendida moglie continua a spogliarsi in camera da letto, il riflesso del sole le imperla le gambe snelle e il pube glabro, su cui preme con decisione un desiderio umido.

Nella camera il riflesso però distoglie lo sguardo di lei, sa benissimo d'aver fatto le pulizie, per lo meno non ci dovrebbe essere traccia minima di polvere, ma quella sembrava attirare più di ogni altra cosa la sua attenzione, non realizza nulla nell'istante, forse neppure negli attimi dopo, anche se dentro di lei fa l'analisi dei tempi e dei modi, lui si era assentato in camera da solo per uscirne alquanto sconvolto e sudato, quel sudore che lei vorrebbe sentire sul suo corpo posseduto dalle mani di lui, in realtà è ben altro.

Memorizza e cataloga tutto senza lasciare insospettire Marco, si rifugia in quella vasca densa di profumi e schiuma, vorrebbe rilassarsi ma il suo pensiero corre, si ferma all'istante sulla scena di come potrebbe essere lui fra un po' di tempo anche poco, il suo lavoro le sue mire il matrimonio e la promessa fatta a suo tempo, affonda la testa per poi riemergere come un bagno di purificazione.

A lei cosa manca il corpo no, la natura anche sin troppo generosa, un lavoro neppure perché la entusiasma e la eccita nel produrre capolavori d'architettura, forse un figlio, silenziosamente trattiene il fiato come a pensare d'aver svelato l'arcano, l'elisir di saggezza.

Sa benissimo, di questo ne aveva parlato con lui, ma le carriere si sa rovinano i rapporti i tempi corrono e i giorni uno davanti all'altro corrono veloci, sorride pensando che sarebbe splendido e forse potrebbe risanare tante cose, un'amore per qualcuno a cui tieni, tornare ad avere la complicità di un rapporto forse questo manca.

Esce dopo un'ora dal bagno e sembra più tranquilla che mai, nonostante tutto è stato qualcosa che ha giovato il potersi rilassare, sempre sensuale le cammina al fianco e lui non può far finta di nulla, con una mano le carezza il seno e si ferma sui capezzoli inturgiditi, poi scivola via per vedere le reazioni di lui, visibilmente scosso non si sa se per l'effetto devastante di prima o lo tsunami che lo attraversa ora.

“Andiamo a cena fuori stasera, ho un ristorante di pesce niente male, è di un mio cliente e a lui farebbe piacere” Lui la guarda e con voce ferma ma debole dice va benissimo.

Lei si prepara e consiglia al marito di fare altrettanto, poi si ricorda che deve passare in un negozio di profumi e chiede a lui se intanto che si veste per la cena lo aspetta per un quarto d'ora, sarebbe arrivata presto per poi andare a cenare, Marco le fa un gesto d'intesa, lei esce.

Ancor prima di fare le scale è già al telefono con questa persona del ristorante, non è in effetti un suo cliente, ma un vecchio amico con cui si erano rivisti in altra occasione, era uscito anni fa da un problema col figlio, lei spiega dettagliatamente ma concisa qualcosa e poi decide e chiede per l'orario e se aveva posto, perfetto il tempismo e la risoluzione trovata, lei era una splendida fucina di idee, merito della mente elastica data dal suo lavoro.

Rincasa dopo una mezz'ora e trova lui pronto che si allaccia le scarpe, le si piazza davanti con fare provocante come suo solito, gli occhi di lui all'altezza dell'inguine di lei, ne percepisce sin dentro i profumi e le sensazioni, pronto a voler metter mano al piacere, lei lo ferma, “Ora no, stasera voglio essere il tuo piacere personale, voglio sentirti nel letto.”

Escono di casa il tragitto in macchina dura venti minuti scarsi, l'intermezzo è quello della musica new-age, parlando del più e del meno arrivano al ristorante, carino perso in una stradina, già s'intravedono numerose macchine e l'atmosfera accogliente di una nave in legno.

Marco è preso euforicamente dall'idea di entrare in locali mai visti, sa benissimo che quando decide lei non è mai un posto da poche stelle sulle recensioni.

Il titolare, amico di Elisabetta è un tipo sui 45 anni brizzolato, piacente e scaltro nel suo lavoro, li fa accomodare e chiama qualcuno per i cappotti, si presentano con Marco e lui lo guarda con precisione negli occhi, poi sorridente spiega il menù, decidono per lasciare scegliere al proprietario, anche il vino, purché ovviamente rigorosamente bianco, Valdobbiadene Cartizze è caduta la scelta su quello e da li a poco era pronto a versarlo nel bicchiere, “Ottimo dice Marco e la moglie sorride compiaciuta della scelta del gestore.”

Le portate non sono abbondanti ma necessariamente quelle che ti fanno dire mi sento bene, la cheesecake arancia e cannella quella è divina, la conclusione in salita per i piatti, una cena troppo importante da ricordare e lo sarà...

Lei si lascia molto andare con la sua dose di sensualità e sa che deve osare per chiedere ciò per cui erano li.

“Marco sai il nostro matrimonio ritengo sia una favola, ricordi la promessa che ci siamo fatti vero? Felicità, noi stiamo molto bene e ci stimano in tanti, non siamo degli sprovveduti o persone che si lasciano andare a momenti di debolezza, abbiamo sempre affrontato tutto, alla luce del sole con ottimo risultati e profonda stima.

La carriera è andata avanti, ora abbiamo bisogno di coronarla col sogno maestoso di un figlio e sono qui a chiederti di volerne uno, che sia l'apice del nostro amore!”

Marco non ha all'istante reazione, troppe cose passano per la sua testa compreso il gesto del pomeriggio, “una debolezza” lei aveva centrato il problema. Ora sembra quasi sollevato al pensiero di poter donare qualcosa in più, forse nemmeno lui sa cosa stava succedendo nella sua vita, ma questa richiesta ne è stata la molla per dimenticare qualcosa.

 

Sarà il vino, l’ottima compagnia di sua moglie, o quella notizia che improvvisamente lo scuote da quel torpore che dura ormai da mesi, ma Marco si sente felice. Non ricorda dove si trova, non ricorda neanche dove ha messo le chiavi della macchina, più importante ancora dove l’ha parcheggiata soprattutto, ma la voglia di tornare a casa e di provare a realizzare il sogno di una famiglia lo eccita a tal punto da lasciare una mancia alquanto sostanziosa al cameriere al quale con molta fretta Marco ha chiesto il conto. Elisabetta per la prima volta nota negli occhi di suo marito quella luce che l’aveva colpita sin dal primo appuntamento con lui. Poi quella luce si era spenta e lei non era mai riuscita a capire perché, o forse, più semplicemente si era talmente concentrata nel suo obiettivo di carriera da dimenticarsi dell’uomo che aveva accanto. Era tanto tempo che non lo guardava più negli occhi anzi…era tanto tempo che non lo guardava e basta. Ma come ho fatto ad essere così egoista? Come ho fatto a non accorgermi dei demoni che si erano impadroniti di Marco? Come ho potuto permettere che accadesse tutto questo senza che io me ne accorgessi? Elisabetta piange in silenzio e una lacrima dispettosa scivola sul suo viso. L’asciuga in fretta perché Marco non deve vedere questo suo attimo di “debolezza”. Marco ha bisogno di lei e lei deve essere forte e determinata a tal punto da far si che la loro favola torni ad essere quel sogno da tanti invidiato…perché è un sogno che non si è dissolto alle prime luci dell’alba, sono riusciti a realizzarlo nonostante fossero in pochi a credere in loro. Troppa invidia nei confronti di una coppia che ha avuto clemenza dalla vita. E l’invidia, si sa, distrugge tutto soprattutto le favole dal lieto fine. Elisabetta si volta verso Marco che incurante dei suoi pensieri sta guidando verso casa, un po’ brillo e pensieroso… Fortunatamente il vino prende il sopravvento e i pensieri più tristi ricadono sull’asfalto come questa pioggerellina fitta che sta bagnando i vetri come per voler lavar via le ansie di questi ultimi giorni. Marco si accorge dello sguardo di Elisabetta su di lui, si volta verso di lei e le sorride dolcemente come per volerla rassicurare. La loro casa si intravede all’orizzonte e improvvisamente Elisabetta si accoccola tra le braccia di lui…improvvisamente remissiva, indifesa, quasi impaurita da questa vita che le sta mostrando quel lato che forse lei già conosceva ma che non voleva vedere. Marco è quasi sconcertato dal comportamento di sua moglie. L’ha sempre vista sicura di sé, fin troppo dura nei confronti di se stessa e della vita, ora sembra chiederle protezione attenzione. Sembra un cucciolo spaurito alle prese con i primi dolori della vita. Ma forse sua moglie è sempre stata così, forse l’ha semplicemente nascosto a se stessa per difesa, aggrediva la vita per non essere aggredita…Marco le accarezza il viso e l’avvicina a se con fare protettivo come per dirle: “stai tranquilla, è tutto a posto, io sono sempre accanto a te”. Lei sembra capire tutto questo e comincia a cercare la sua pelle con fare accattivante.. Lo annusa, lo bacia sul collo, sulle guance cercando quel contatto che ultimamente aveva perso. Marco fatica a parcheggiare perché questa complicità ritrovata lo rende confuso ma eccitato allo stesso tempo. Non sa come ha parcheggiato e non sa neanche se è in divieto di sosta o meno ma sua moglie è talmente bella che vorrebbe spogliarla lì, sulle scale di quel portone che non riesce ad aprire perché Elisabetta gli ha preso le mani e le ha poggiate sui suoi seni turgidi e pronti ad accogliere l’amore di Marco. L’ascensore tarda ad arrivare…”porca miseria…non ce la faccio più” dice Marco a se stesso. Sente il calore arrivargli dallo stomaco fino al cervello e vorrebbe lasciarsi andare, ma ancora non può, deve avere pazienza. Ecco finalmente la porta di casa si apre e con fare violento ma dolce allo stesso tempo Marco adagia Elisabetta sul pavimento. Le strappa i vestiti, l’accarezza, la bacia e la guarda in silenzio… Quanto è bella, pensa lui, Elisabetta sente nel silenzio le parole di Marco e gli sorride con fare birichino. “Prendimi, sono tua, sono sempre stata tua…e voglio esserlo per sempre”. Marco è dentro di lei e il suo amore esplode in tutta la sua potenza. “ Come abbiamo fatto a dimenticare di amarci?”…

 

La scelta di avere un figlio non è mai una scusa o una necessità, tanto meno deve essere la risoluzione al problema, sarebbe un grave errore, entrambi capivano perfettamente questo. La molla probabilmente di ciò che volevano aveva fatto capire loro che mancavano sguardi affetti ed emozioni, sarebbero riusciti sicuramente in questo da li in avanti, a maggior ragione l'avrebbero dato a chi entrava nella loro nuova vita.

 

Sinonimo di un riflesso
La mia vita è un compromesso strano tra i colori e il mio approccio verso essi, sono tutto o niente felicità o tristezza nello stesso istante, per cui si mescolano nelle avverse sorti di un pensiero.
Nasce l'idea che il nero sia
il colore della disperazione e dello sconforto, quante cose sono successe nello scuro della notte, incontri strani con persone di passaggio, una carezza rubata al silenzio o semplicemente un desiderio di vedere in quel colore il gusto dell'ignoto.
Vista sempre come una tinta dell'oscurità maligna o del presagio, senza conoscerla affatto, eppure ci sono più miti colori che danno senso di disagio come il verde quello della speranza si dice, ma noi dobbiamo sperare in noi stessi non sugli altri o su un colore, allora me ne sovviene uno splendido quello intenso del blu... ricorda i copricapi dai colori sgargianti dei beduini del deserto, a distanza lunga si intravedono e mettono allegria.
Si inzuppano dello stesso acre odore della pelle del cammello mescolato alle essenze, quello è il colore del mio ricordo passato a camminare a fatica in quella sabbia rovente di quell'anno in cui mi sembrava aver visto l'arcobaleno intero, sgretolato dall'acido che ne ha fatto sparire i colori.

 

Sereno notturno

Rimescolami

Sonno di pensieri leggeri che inumidiscono il contatto, sono chiaro esempio di quelle volontà della carne che non producono solo possesso ma nitida consapevolezza.
Quel giorno era simile a tanti altri, cambiava la percezione...

 

 

Scritto da Sereno Notturno

frammenti

 

Domandati chi sei e cosa puoi fare, ti dirò chi sono e cosa posso essere.
Bel giorno belle anime.


Sereno notturno

Ogni angolo di paradiso, vive o muore con ciò che siamo stati capaci di creare o distruggere.
Siamo consapevoli di essere distruttori di noi stessi. 

- Sereno notturno -

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Libellula
 
Non puoi camminare sull'orlo
di un'emozione rischieresti di rimanere inghiottito.
Devi essere pesantemente sopra
per riuscire a spremere
ogni minima essenza.
Allora saprai di aver fatto
la cosa giusta
e sarai così leggero
da non stropicciarla col passo



Scritto da Sereno notturno

 


 

Ci sono percorsi che non riuscirai mai a capire, fino a quando in mezzo al mare scopri di non saper nuotare.